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Per cercare relitti è assolutamente indispensabile una miscela di capacità tecniche, pazienza, conoscenza, disponibilità economiche, testardaggine, perseveranza, audacia, intuito e fortuna. Tuttavia alcune volte solamente con la combinazione della fortuna e della casualità, si possono risolvere e sbrogliare situazioni in stallo da tempo.
Questo breve episodio ne è una conferma.
I relitti più conosciuti nel mare di Sestri Levante sono tre: l’Uj2207, detto anche cargo armato, l’Uj2216 erroneamente soprannominato KT, e la bettolina Jörn (o Joern). Tre imbarcazioni affondate l’una vicino all’altra in tempi differenti, ma tutte di fronte a Punta Manara.
Da molti anni si parla anche di un quarto relitto che sarebbe affondato sempre in questa zona. Non si tratterebbe questa volta di un’imbarcazione, ma di un aereo caccia della Seconda Guerra Mondiale. Un aereo che i relittari più intraprendenti hanno a lungo tentato di trovare sui fondali sabbiosi di Sestri Levante, ma senza successo.
Io stesso, anni fa ho letto di questa storia su riviste del settore, e ne ho sentito parlare dai subacquei che, come me, sono sempre alla ricerca di storie di relitti, di nuove emozioni, e di storie di uomini che nessuno ha ancora narrato.
Agosto 2013, sono a Sestri Levante in vacanza con la mia famiglia. Tutte le mattine mi sveglio presto e faccio un giretto a piedi per ammirare il mare e la Baia del Silenzio, per godere dei momenti migliori di quel luogo che a quell’ora è ancora deserto.
Cerco di scambiare qualche parola con vecchi marinai e pescatori che popolano la spiaggia a quell’ora, uomini che amano il mare perché il mare fa parte della loro vita. Sono loro la vera memoria storica di questi luoghi. Solo loro conoscono storie mai scritte, vicende umane vissute a terra e in mare da questa gente. Episodi che non si trovano nei libri di storia ma che narrano di sofferenze e di gioie, di vittorie e di sconfitte, momenti che fanno parte di quella grande tragedia che è stata la Seconda Guerra Mondiale.
In questo modo una mattina ho avvicinato e conosciuto Luigi, detto u’ chinze (quindici), un ottantasettenne lucido e disponibile sempre pronto alla parola. Luigi ovviamente ormai in pnsione, ha vissuto sul mare e navigato su imbarcazioni a vela prima, e a motore poi.
Così, ogni mattina, io e lui avevamo il nostro appuntamento, un appuntamento mai fissato formalmente il giorno precedente, ma sempre rispettato per convenzione, alla solita ora e al solito posto: sulla spiaggia, della Baia del Silenzio, vicino alle barche.
Un giorno, mentre parlavamo, mi venne in mente la storia del caccia fantasma, e gli chiesi se per caso avesse mai visto cadere in mare un aereo, proprio qui di fronte alla spiaggia dove eravamo, la Baia del Silenzio.
Potete immaginare il mio stupore alla risposta affermativa di Luigi:
– “Sì, sì,… certo che sì. Mi ricordo benissimo, … era il giorno della Befana e io…” –
Luigi iniziò a raccontare: – “L’aereo dopo essere passato sui magazzini del porto virò verso il mare aperto ma, … vedi là sopra, proprio dove c’è la casa gialla? Beh là c’era una batteria contraerea che sparava, e lo colpì, perché il caccia cominciò a fumare, e il pilota si buttò con il paracadute … proprio qui sopra … vedi? L’aereo virò dietro Punta Manara e scomparve alla mia vista. Ma il pilota non fu mai catturato, perché c’era vento forte di tramontana, che spinse il paracadute al largo.” –
A questo punto io ero più che mai incuriosito, e gli chiesi: – “Luigi, ma … l’aereo? “ –
E lui pronto: -“ Ah, l’aereo … l’aereo cadde… virò proprio qua sopra … e andò giù. Si inabissò dietro Punta Manara, credo nello specchio di mare di fronte a Riva Trigoso”, – disse Luigi con un tono fermo e sicuro.
Bene. A quel punto, e per la prima volta, avevo la conferma che la storia del caccia di Sestri Levante era vera e non era solo frutto di immaginazione o fantasia. Un aereo della Seconda Guerra Mondiale giaceva laggiù sul fondo del mare, proprio in quello specchio di mare dove spesso mi recavo per le mie immersioni sui relitti.
Ma il bello di questa storia doveva ancora venire.
Una sera mi stavo recando a cena con la mia famiglia e alcuni amici. Camminavo sul marciapiede quando incrociai tre persone ferme che conversavano tra loro.
Parlavano un po’ in tedesco e un po’ in inglese. Molto sfacciatamente chiesi loro se stavano preparando una mostra sui mezzi di guerra, perché di certo non avrei voluto perdermela.
L’uomo più vicino a me si girò e mi rispose che era un collezionista e che gli si chiedeva di dare in prestito alcuni pezzi per una mostra. Fu simpatia immediata, perché da lì a poco, dopo una breve chiacchierata e uno scambio di opinioni, mi invitava a entrare nella sua autorimessa. Stava per mostrarmi ciò che aveva raccolto negli anni, per pura passione di collezionista: elmetti, borracce, bandoliere, gavette, calci di fucile, baionette, manifesti, bandiere, e tanto altro ancora, inclusa addirittura una bicicletta da bersagliere. Giravo lo sguardo tutt’intorno con l’espressione di un bambino nel paese dei balocchi. Poi la mia attenzione fu catturata da una foto appesa alla parete nella seconda stanza dell’autorimessa. Al centro della parete, tra tante altre foto, vidi incorniciata la foto di un motore avviluppato nelle reti, e mi parve proprio di poter riconoscere un motore d’aereo, posato sul pavimento di un marciapiede o, molto più facilmente, sul molo di un porto.
Immediatamente, chiesi informazioni sul soggetto di quella foto. Il mio interlocutore mi confermò essere un motore di un caccia americano ripescato circa quindici anni prima nel mare di Sestri Levante. Tombola!
Mi feci raccontare brevemente la vicenda, e lui mi disse che alcuni pescherecci, che stavano pescando con le reti a strascico nei fondali di fronte a Riva Trigoso, avevano ripescato il motore ma essendo ormai giunti in prossimità del porto lo lasciarono al molo di Sestri Levante, sulla banchina.
Tempo dopo, la Capitaneria di Porto decise di mettere all’asta il motore del caccia americano, per dar modo di liberare finalmente il molo dall’ingombrante pezzo raro.
Ora il motore del caccia americano P-47 Thunderbolt era a casa sua, montato sopra una base costruita appositamente e posizionato in bella mostra in giardino!
-“Posso vederlo? E magari fotografarlo?” – chiesi speranzoso, al mio sorprendente interlocutore.
-“Certo che puoi, vieni a casa mia e lo puoi fotografare”, – mi rispose, Tullio sorridendo. – “E se vieni, ti faccio vedere anche la coda e le ali! –
-“La coda e le ali? Ma allora c’è tutto l’aereo!” – dissi io ancora più stupito.
-“ No, non tutto, manca la carlinga, però il motore ce l’ho”, – ribatté Tullio.
-E aggiunse: “Qui in officina, da qualche parte, ho anche i documenti del comando alleato americano che provano i fatti di quanto è accaduto, e che dichiarano disperso il pilota”. –
Detto fatto, aprì un’anta e poi un cassetto, e tirò fuori una grossa busta ingiallita dal tempo. Dentro, foto storiche, appunti, documenti e altro. Tullio cercava sicuro tra le carte sparpagliandole sul tavolo, e a un certo punto tirò fuori delle fotocopie di documenti con intestazione TOP SECRET – WAR DIARY, appartenenti al 526th Fighter Squadron Headquarters – 86th Fighter Group. Erano fotocopie dei diari del 1945 della base americana di Pisa, da dove il P-47 era partito.
Leggendoli, notai la data del giorno della missione: 6 gennaio 1945. Subito mi venne alla mente il racconto di Luigi u’ chinze: – “Era il giorno della Befana … l’aereo fu colpito, e il pilota si gettò con il paracadute proprio qua sopra, ma il vento lo portò in alto mare … l’aereo si inabissò dietro Punta Manara …” – la data, il luogo della missione assegnata al caccia, e i fatti combaciavano perfettamente con quanto mi aveva raccontato Luigi u’ chinze . Avevo trovato un’altro tassello importante del mosaico, e le tessere si stavano ricomponendo.
Il signor Tullio non solo aveva costruito una base sulla quale il motore ora poggiava, ma aveva anche fatto fare una bella targa in metallo che riportava tutte le informazioni del cimelio.
Sulla targa in metallo si legge:
MOTORE D’AEREO CACCIA AMERICANO P-47
Pilotato dal sottotenente Kenneth D. Bostad matricola 0-710036 di anni 23.
Colpito da contraerea (postazione Mandrella) ha fallito il ritorno della “missione”
del 6 gennaio 1945 cadendo aereo e pilota col paracadute al largo di Punta Manara.
Disperso in azione.
In seguito cercai ulteriori informazioni, e grazie a quei documenti mostratemi da Tullio nell’autorimessa, trovai un riscontro definitivo. Ecco brevemente ciò che si riporta sul diario di guerra del 1945 del 86th Fighter Group:
-6 gennaio, 1945 –
Durante la mattina il cielo coperto e la foschia avevano mantenuto lo squadrone a terra, ma nel pomeriggio otto aerei hanno preso il volo con l’obiettivo di effettuare una ricognizione armata nella zona di La Spezia. Durante l’attacco, l’aereo del tenente Bostad veniva colpito dalla contraerea costringendolo a lanciarsi con il paracadute. Il pilota cadeva in mare a circa tre quarti di miglio dalla riva, ma poiché il paracadute non si era chiuso completamente, il forte vento lo spingeva ancora per dodici o quindici minuti, trascinandolo verso il mare aperto. Non è sicuro, ma pare che attaccato al paracadute ci fosse ancora appeso il tenente, di cui non si conosce la sorte, dopo che si è lasciato cadere in acqua. Gli altri sette aeroplani volteggiarono intorno a lui in attesa del soccorso in mare. Il ” Tricheco ” (ndr. velivolo utilizzato per il soccorso in mare) è decollato per cercarlo, ma per qualche inspiegabile motivo non è mai arrivato a destinazione, anche se con il mare mosso avrebbero fatto un difficile ammaraggio, se non impossibile. Ogni volta che gli aerei in volo hanno cercato di volare in prossimità della riva per cercare qualche traccia di tenente Bostad, il nemico sparava su di loro. Il tenente colonnello Lee e il capitano Taft decollarono per fornire copertura nell’area per il “Tricheco” e facilitarne il volo e l’ammaraggio. Quattro uomini che si presume fossero “wogs” (ndr. termine utilizzato per definire persone di colore) si trovavano in una barca al largo nella zona dove il tenente Bostad era caduto, rimanendo in prossimità della costa, per informare i nostri piloti. C’era qualcosa di giallo sulla spiaggia che avrebbe potuto essere un gommone di emergenza , ma il pilota non poteva avvicinarsi abbastanza per esserne sicuri. Resta la speranza che il tenente Bostad fosse in grado di nuotare fino a riva e se in quel punto, la costa fosse stata rocciosa, gli avrebbe fornito un buon occultamento. Tuttavia al momento non si sa nulla di preciso.
A questo punto ne ero certo: questo era sicuramente il caccia fantasma, cercato inutilmente per tanto tempo dai molti appassionati di relitti nel mare di Sestri Levante.
Ora, finalmente era stato ritrovato … a terra !